La sorte delle armi fu pienamente sinistra per le genti di Arborea rotte e sconfitte dai soldati regii. Morì nel campo nel mezzo della mischia don Artalo, figliuolo del marchese, con molti altri cavalieri ed uomini d'arme. Il marchese fu debitore della sua salvezza ad un corridore veloce; sul quale gittatosi, allorquando vide inclinata a suo danno la giornata, riparava affrettatamente con due suoi figliuoli, con tre fratelli e col visconte di Sanluri in Bosa. E mentre il viceré proseguendo il suo trionfo occupava primieramente Macomer, ed entrava poscia senza verun contrasto in Oristano, i fuggitivi lanciavansi smarriti in un burchio, e più sventurati nella fuga che nella battaglia, abbattevansi tosto in una delle galee del capitano generale Villamarín; il quale avendo fatto condurre i prigionieri al suo cospetto in Palermo, posesi in punto di presentarli egli stesso al re veleggiando inver la Spagna e cansando felicemente alcune galee di Genova sopraggiunte per assistere il marchese [1192] .
Gli annalisti aragonesi descrivono con enfasi l'impressione gratissima prodotta nell'animo del re da tale risultamento e dall'essersi poscia saputo che alla sommessione intiera di Arborea e del Goceano avea tenuto dietro l'occupazione dell'importante rocca di Sanluri, mal difesa dalle genti del visconte [1193] . Considerava il re quanto quel casato di Arborea era stato infausto per le armi aragonesi; esser trascorso meglio d'un secolo e mezzo dopo la conquista di don Alfonso, senza che la Sardegna potesse in realtà stimarsi soggetta al dominio aragonese, occupata com'era per metà da quei giudici o marchesi, troppo già saliti in potenza perché s'inducessero a restare nell'amistà sudditi, nella discordia quieti; esser giunto alla fine il momento in cui la signoria della casa d'Aragona radicavasi immobilmente nell'isola.
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