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      Le decime delle chiese sarde, patrimonio del clero, giovavano di rado ai regnicoli; perciocché le prelature e dignità maggiori erano conferite agli stranieri. Due gravi danni derivavano da tal cosa: l'emulazione negli studi ecclesiastici s'intiepidiva mancando il conforto di alte speranze; una parte cospicua della ricchezza nazionale passava fra le mani dei forastieri. Implorava adunque il parlamento che riserbate fossero ai soli Sardi le prelature, le abbazie, dignità, i benefizi e le pensioni ecclesiastiche; e che al tempo stesso si provvedesse alle materiali restaurazioni delle chiese cattedrali poco curate dai prelati spagnuoli, applicando i frutti delle chiese vacanti a quelle opere. Ambe le supplicazioni accolte furono benignamente da Filippo, il quale promise d'interporsi presso alla Santa Sede onde ottenere le provvisioni ragguardanti all'ultima richiesta [1258] ; eccettuando solamente dalla prima dimanda la collazione delle prelature, nella quale non si acconsentì dal re a nissuna innovazione [1259] . Veniva poscia nel principio del seguente secolo la promessione solenne di Filippo recata ad effetto da Clemente VIII pontefice, il quale a richiesta degli stamenti del regno dichiarò allora con sua bolla: coltivarsi felicemente nell'isola gli studi ecclesiastici o nelle molte pubbliche scuole ivi aperte a tal uopo, o col mezzo dei frequenti viaggi che i Sardi intraprendevano in Italia ed in altri luoghi del continente per istruirsi; darsi di ciò l'esempio dalle più nobili famiglie, le quali destinavano sempre al servigio della Chiesa qualche loro figliuolo; nullameno tornare inutili sì buone disposizioni e spegnersi ogni ardore per lo studio, dappoiché i vescovi stranieri presentavano dei migliori benefizi o di ricche pensioni i loro nazionali; esser pertanto dovere di giustizia l'interporre l'autorità apostolica per colpire radicalmente tali abusi, condannando qualunque manifesta od occulta violazione dei diritti che i Sardi aveano alla privilegiata collazione di tutti i benefizi inferiori all'episcopato [1260] .


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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