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      E l'ultimo si può pur dire questo dei provvedimenti di Filippo per la Sardegna; perciocché dopo alquanti mesi egli discendeva nel sepolcro; se non compianto da coloro che trovando in lui la cupa ferocia di Tiberio, segnarono di odiosissima nota la sua memoria, lagrimato certamente dai Sardi; i quali non giovatisi della soverchia potenza di Carlo V, non risentitisi della menomata grandezza spagnuola sotto il di lui figlio, dovettero non colla gloria dell'uno, o con le tristizie dell'altro misurare i propri applausi; ma col vantaggio delle civili istituzioni. Nel qual rispetto il regno di Filippo II sopravanzò fra noi i regni di altri principi suoi predecessori che ebbero voce di generosi e di eroi.
      Continuatosi il regno delle Spagne da Filippo III, grande fu l'impulso che le cose sarde ricevettero per un miglioramento progressivo di sorte. Ma questo impulso non tanto fu comunicato da chi reggeva i destini dell'isola che dalla nazione istessa; la quale nei primi anni del novello regno si seppe innalzare a tutta l'altezza della civile sapienza nel parlamento celebrato dal viceré conte d'Elda: parlamento che può esser citato come il più orrevole per la nazione sarda; tanta è la saviezza delle discussioni che illustrarono quell'assemblea [1283] . Io darò pertanto un cenno rapido delle più importanti; poiché la dignità della storia se si accomoda alla narrazione dei civili ordinamenti, ricusa i ragguagli troppo minuti e non comporta quelle relazioni che alla privata ragione appartengono, od al governo dei negozi minori dello stato.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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