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      Le prime ad accorrere a S. Giusta furono le compagnie del Masones; e giunservi in tempo che un drappello di Franzesi a vessillo spiegato avventuravasi a penetrare più addentro nell'isola. Abbaruffaronsi quelle due bande con grave danno degli stranieri. Ma ai Sardi caleva meno quel momentaneo pro, che il timore di vedere con eguale prontezza escire dalle mura d'Oristano un giusto esercito; poiché a sostenerne l'urto colle inferiori loro forze, essi ben conosceano esser in quel momento meglio disposti che abili. Vollero pertanto confidarsi di uno stratagemma, che intrattenendo l'avversario, desse tempo agli aiuti di Cagliari di sopravvenire. La chiesa maggiore di S. Giusta poggia sopra un'altura, e stando a ridosso di quella vasta pianura scorgesi da lunge. In quel luogo adunque con un artifizioso rivolgimento faceano i nostri passare e ripassare le poche loro cavallerie, acciò il nemico vedendole, avvisasse maggiore colà esser la forza di ciò ch'era in effetto. Né male riescì lo spaventacchio. Il conte di Harcourt invece di innoltrarsi, fece la chiamata a quei di S. Giusta acciò posassero le armi. E mentre fra i suoi capitani ed il segretario del vescovo, Andrea Capuxedo, si veniva a parlamento, arrivavano opportunamente don Ignazio Aymerich, don Francesco di Villapaderna ed il capitano Pietro Fortesa con i cavalli dei loro distretti. Per la qual cosa i Sardi non più peritosi poterono avanzarsi arditamente insino ad Oristano ed accerchiare quasi intieramente quelle mura; dalle quali tentarono invano i Franzesi di allontanarli, traendo a furia dei loro moschetti da quelle feritoie.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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