Videro poco stante i nostri fumare la torre della città; udirono scoppi violenti entro le mura, e rombazzo di tamburi, e tintinnar di campane: ed incerti dell'evento stavano sopra di sé, allorquando giunsero al campo alcuni popolani che davano loro avviso aver i Franzesi abbandonato la città dopo aver posto a sacco quanto era passato sotto le mani; ed indirizzarsi le loro schiere alla sfilata lungo lo stradone che conduce al Tirso, e per esso alla costiera. Accese questa notizia l'animo dei Sardi, e corsero tutte le schiere a impeto, affinché potesse venir fatto di frastornar il passo al nemico, e se possibil fosse, chiuderlo fra le loro bande e le altre che doveano ancora sopraggiugnere. Volati perciò per via diversa alla sponda del Tirso, guadarono quel fiume francheggiati dall'esempio dei capitani; fra i quali don Ignazio Aymerich essendogli escito di sotto il cavallo perveniva animosamente ad afferrare l'altra ripa mettendosi a nuoto. Le prime armi si mossero allora dalla schiera del capitano Fortesa e dalle bande dell'arcivescovo di Bordeaux; il quale in quel punto, raccomandata al conte di Harcourt ogni bisogna, riparava al suo vascello. Di questo primiero scontro degli antiguardi, non meno che degli altri della battaglia, diedero diverso conto l'annalista franzese ed il cronichista sardo. Dal primo si narrò essere stati sfolgorati i nostri mille cavalli dopo leggiera mischia; ed aver quindi i Franzesi inseguito meglio d'una giornata e mezza i Sardi, ripiegando solamente allorché si avvidero che giugnevano da varie parti novelle frotte di armati [1329] . Dal secondo minutamente si descrisse l'arrivo di nuovi rinforzi franzesi su per lo fiume; lo scaramucciare dei nostri con quei moschettieri; lo sperperarsi dei Sardi alle prime scariche delle bocche da fuoco; il raccozzamento loro, l'ardore con cui investirono i nemici, la precipitosa fuga infine di questi.
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