Scrisse egli all'arcivescovo di Bordeaux dal suo ritiro di S. Giusta una gravissima epistola latina; ed in questa indirizzandosi non così al guerriero, come al prelato, con concitate espressioni lo avvisava: rammentasse esser quelle le truppe del re Cristianissimo; comandare ad esse al lato del generale un pastore della Chiesa; preservasse nell'incursione di una soldatesca composta in gran parte di Ugonotti la Chiesa di Cristo dalle contaminazioni; gli salvasse intatta la sua sposa. Pregavalo quindi per le viscere del Salvatore non permettesse che da una guerra ordinata si trascorresse al saccheggio ed alla militare licenza; e che sotto gli occhi d'un principe della Chiesa venissero manomessi barbaramente quei cittadini. Era in tal punto della sua lettera l'arcivescovo, allorché gli giungeva la notizia che le truppe franzesi aveano lasciato nella città le traccie maggiori del furore soldatesco; le chiese spogliate degli ornamenti e degli arredi; i segni entro ai luoghi sagri di ogni profanazione; nelle private magioni le vestigia del depredamento. Animava perciò maggiormente il suo stile l'afflitto prelato e conchiudeva la sua scrittura scongiurando altamente l'arcivescovo ponesse riparo a tanto scandolo; emendasse ciò che dissimulando forse non curò d'impedire; temperasse colla prudenza sacerdotale l'iracondia guerresca; facesse sì che le cose maltolte alla Chiesa venissero rimandate. Avrebbe potuto aggiungere: essere più fortunata che prevista l'opportunità d'incontrare alla testa dell'esercito nemico un vescovo.
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