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      Ma se ciò apertamente non scrisse, tanto scrisse in quella sua lettera dei doveri vescovili, che non v'ha dubbio non abbia dovuto chi la lesse stentare a levarsi dell'animo quei taciti rimproveri della strana di lui partecipazione a quelle militari operazioni.
      Il viceré d'Almonazir al primo annunzio dell'invasione, non contento alle provvisioni fatte nel luogo, avea spedito anche affrettatamente la nuova ai viceré di Napoli e di Sicilia ed al governatore di Milano, chiedendo loro soccorso. Quest'ultimo corrispose senza ritardo alla dimanda, inviando nell'isola il cavaliere gerosolimitano Sforza Melzi, luogotenente del gran mastro, con molti altri guerrieri [1330] . Ma quest'aiuto giunse ritardato. Se non che cessati punto non erano i sospetti di novelle incursioni dei Franzesi. Per la qual cosa il viceré principe di Melfi, succeduto al marchese di Almonazir [1331] , dovette più volte stare sopra di sé, onde premunire il regno da una seconda sorpresa [1332] . Mentreché egli stesso creato per la prima volta generale delle galee sarde (alla costruzione delle quali aveano solo allora posto mano i ministri regii dopo il parlamento di don Giovanni Vivas), procurava di render proficuo il novello stabilimento contro alle incursioni più costanti e più terribili dei Barbareschi [1333] .
      Si risolvettero quelle cautele in vani timori, poiché nissuna flotta nemica inquietò allora i litorali sardi. Onde il duca di Avellano, novello viceré [1334] , poté quietamente convocare le corti ordinarie del regno.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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