Se mancarono in tal tempo altre invasioni ordinate, non perciò i nemici si rimaneano dell'inquietare improvvisamente qualche terra litorale e del correre alla ventura a danneggiare i popolani. In questi stessi anni pertanto si serbò il ricordo d'avere la ciurma d'una nave franzese insolentito sì fattamente nelle spiaggie d'Alghero, che fu mestieri si tentasse dal prode governatore della città marchese di Villarios l'assalto del legno. La qual cosa riuscì felicemente; essendo egli coll'opera di quei cittadini venuto a capo di poterne far la preda; e ciò con tanta sua gloria, che il re volle tosto rimeritarnelo, privilegiandolo del dono di uno dei cannoni dei quali erasi in quella fazione impadronito [1336] .
Liberi furono da tentativi nemici meritevoli di speciale menzione i governi succeduti del duca di Montalto, del cardinale Teodoro, principe di Trivulzio, del marchese di Camporeale e del conte di Lemos [1337] . Del comando dei tre primi non restò traccia veruna notevole. Di quello del conte di Lemos si può dare più estesa contezza, perché cadde in quel tempo il periodico convento delle nostre corti; e perché durante il di lui governo un novello contagio pestilenziale (il quale fu l'estremo dei tanti che travagliarono in quei secoli l'isola) contristò le città d'Alghero e di Sassari, e quindi la capitale dell'isola [1338] . Costretto fu pertanto il viceré a passare in Sassari per dar compimento agli atti di quelle corti. Abbenché non senza opposizione dei Cagliaritani, i quali malgrado dell'imperiosa legge della necessità invalida dissero la congrega in quella città. Se le agitazioni del contagio non attutarono punto la rivalità delle due città, per assopire le quali fu necessario che si dichiarasse con una sentenza legittima l'assemblea, non poterono nemmeno quelle agitazioni far sì che nei negozi in tal occasione trattati fosse minore lo zelo degli stamenti.
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