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      Soprastava agli altri nell'ardenza di quella opinione il marchese di Laconi don Agostino di Castelvė, personaggio dei pių cospicui del regno e riputato uomo di gravi sensi e di svegliato carattere. Quantunque perciō gli animi fossero divisi in quel rispetto e molti si accostassero al marchese di Villasor, difensore delle dimande della Corona, pure i seguaci del marchese di Laconi prevalevano; e posto il partito, si vinceva che le dimande tanto ambite si presentassero non nella forma solita con cui nei preceduti parlamenti erano state rassegnate al re le petizioni, ma quali condizioni annesse all'offerta del donativo. Veniva pure eletto dalle corti per sindaco incaricato di presentare alla regina tali domande lo stesso marchese di Laconi, indirizzatore principale di quei consigli.
      La presenza di questo messaggio in Madrid non produsse verun cambiamento nelle risoluzioni dei ministri spagnuoli; perché la dignitā della Corona non comportava che alterandosi la forma dello statuto sottentrasse alle antiche supplicazioni una dimanda condizionata. Perciō il marchese, cui consentiva don Giorgio di Castelvė, suo congiunto, reggente del Supremo Consiglio di Aragona, con calde lettere incitava i suoi od a persistere nei primi divisamenti, od a temporeggiarsi almeno fino a quando, peggiorate le condizioni della guerra, si ammortisse la costanza dei ministri. Gli spiriti poscia si rinfocolarono maggiormente quando il marchese di ritorno dalla sua infruttuosa ambasciata intervenne di nuovo alle corti.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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