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      Onde il viceré, dopo aver tentato invano i mezzi di autorità per conseguire dal parlamento che nella profferta già da lunga pezza accordata fra i tre stamenti non si variassero le prische maniere; riconoscendo ad un tempo che nelle quistioni ogni dì attraversatesi alla conclusione delle novelle trattative troppo manifesto appariva l'intento di render migliore la condizione delle pretensioni dilungando l'offerta del tributo, scioglieva il parlamento. E ricercato poscia di qualche maggiore spiegazione dagli stamenti, i quali altamente con lui si dolevano di quell'atto, rispondeva esser cessata fra il viceré ed il parlamento ogni corrispondenza, poiché il parlamento era sciolto. Ma non cessava con ciò l'animosità delle parti; giacché o si credesse da molti quel provvedimento inopportuno, o non necessario od almeno precipitato, ne derivò che il viceré ebbe voce d'uomo testereccio e rotto ad immature risoluzioni; il marchese pel contrario ne salì in maggior rinomanza di zelante cittadino e di uomo non pieghevole.
      Mentre egli confortavasi di quell'aura popolare, mancavagli il primiero dei conforti, la domestica felicità. La moglie sua donna Francesca Satrillas, marchesa di Sietefuentes, era di quella tempera di cuore cui ratto s'apprende l'affetto benché illegittimo. Accesosi di lei un gentiluomo cagliaritano, don Silvestro Aymerich dei conti di Villamar, tanto era trascorso l'uno, tanto erasi l'altra abbandonata, durante specialmente l'assenza del marchese, che oramai pareva si avesse la di lui moglie levato dell'animo ogni rispetto maritale.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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