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      Le cose perciò si governarono siffattamente anche dopo l'arrivo e presidenza del governatore, che quantunque non venisse fatto a veruno di molestare quei potenti congiurati, anzi si fosse più facilmente aperta ad essi la via di provocare contro alla marchesa di Camarassa le criminali inquisizioni già incominciate (valendosi eglino a tal uopo della deferenza del presidente e della debolezza di molti membri del magistrato che loro assentivano o con soverchia passione, od almeno con soverchia imprudenza); pure non fu dato agli uccisori del viceré di poter sperare una lunga quiete. E prevedendo essi che le cose anderebbero in peggiore stato, tostoché giugnesse in Ispagna l'annunzio della seguita catastrofe, calavano a pensamenti più riguardosi ed allontanavansi dalla capitale riparando alle loro terre.
      In effetto appena arrivò in Madrid la notizia della cosa, la regina nominava viceré di Sardegna colla più ampia podestà il duca di S. Germano, uomo di quella tempera rigida, non sempre inutile nei regni quieti, utilissima nei turbati. Presentavasi egli in Cagliari con piglio severo, seguito da una forte mano di soldatesche spagnuole; le quali da lunga pezza non erano più passate nell'isola, difesa solamente in quei tempi, come altrove notai, dalle milizie nazionali. Tutto subitamente si riordinava. Conducevasi al suo compimento la causa dell'assassinio, la quale era andata per lo avanti molto a rilento; ed i rei tutti venivano condannati nel capo e nell'avere. Grandi allettamenti si promettevano al tempo stesso a coloro che si profferissero di dar nelle mani gli autori principali del misfatto; ed erano creati tre commissari che doveano specialmente trovar modo di ottenere quell'arresto.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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