Onde Filippo II, il quale non solo assoggettò questo maestrato alla giurisdizione del viceré, ma contenne pure quella illimitata facoltà delle concessioni feudali [1410] , acquistò anche con tale provvedimento un titolo novello pel quale devesi il di lui regno ricordare dai Sardi con encomio.
Quella malvagia politica del consumare nei bisogni od arbitrii presenti le sostanze che apprestar doveano alimento ai regni successivi non si mostrò solamente nelle concessioni feudali. L'isola per la sua situazione, per l'abito acquistato nella lunga dominazione di due repubbliche trafficanti, era accomodata quant'altra mai a mantenere un esteso traffico. Il diritto adunque di disporre delle gabelle del commercio era un diritto prezioso per la corona nel rispetto non meno degli interessi dello stato che degli interessi fiscali. Tuttavia fino dai primi tempi della novella monarchia il sovrano abbandonava la facoltà d'imporre dazi sulle mercatanzie straniere, investendone i consigli delle città. Nel mare sardo erasi ripigliata nel secolo XVII con attività e successo la pesca dei tonni per lungo tempo intermessa; e promettevasi con ciò all'erario un copioso e durevole profitto. Ma la metà del secolo XVII era appena varcata che le sei più considerevoli tonnare erano passate nel dominio di un patrizio genovese, il quale avea rallegrato gli amministratori del tesoro collo sborso di trecentotrentamila scudi [1411] . Più sicuro emolumento somministrava al fisco nello stesso tempo il diritto di pescagione che esercitavasi in alcuni degli stagni principali dell'isola.
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Filippo II Sardi
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