Ciò nonostante anche tali diritti passavano in mani private; ed acquistandosi dallo stesso possessore delle sei tonnare i più fruttiferi di essi stagni, ingoiavasi per sempre in quello che poteasi allora giustamente appellare baratro fiscale, lo sterile ricompenso di centoventimila scudi. Per denaio vendevansi quindi i diritti da riscuotersi nelle pubbliche scrivanerie. Per denaio mercavansi i privilegi conceduti ai comuni ed ai particolari. E per denaio riscattavansi poscia gli obblighi ai quali tali privilegi assoggettavano i compratori. Tanto infine fu il trabocco nello sperperare le sostanze dell'erario, che oramai il novero delle cose pubbliche vendute pareggiava quasi quello delle cose pubbliche vendibili.
Assottigliatesi dopo tale sgombramento le entrate del principe e costretti perciò gli uffiziali del fisco ad andare più fiate tapinando per sorreggersi, maggiore di giorno in giorno si rese l'inopia dell'erario, del quale mi tocca ora di rammentare lo stato.
Governavasi il tesoro da un procuratore reale; dirigeva le ragioni un maestro ragioniere; custodiva le rendite un tesoriere generale. Questi tre maestrati uniti all'avvocato del fisco e per le cose giudiziali all'assessore, ossia consultore del procuratore regio, consigliavano e decidevano sulle cose ragguardanti all'interesse patrimoniale [1412] . Al secondo di essi, il quale per principale suo dovere dovea accendere e spegnere li conti dell'erario, era inoltre commessa per l'ordinario la direzione e governo della zecca esistente nella capitale e la disposizione di quanto apparteneva al corso delle monete [1413] . Questa distribuzione di uffizi era al certo ben avvisata; specialmente perché le leggi le quali reggevano l'andamento dell'amministrazione, erano caute abbastanza per quanto ricercava la maggior semplicità dei ragionieri di quel tempo.
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