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      Al tempo stesso faceansi soggiacere ad altra contribuzione le persone provvedute di qualche stipendio sul tesoro, mediante la ritenzione di due terze parti del loro assegnamento [1415] . Per eguale ragione il re don Pietro facea poscia concorrere alle spese delle vittuaglie necessarie al castello di Cagliari il tesoro regio per una metà e l'erario della città per l'altra [1416] . Essendosi poscia convocate le corti generali, ebbero in queste i sovrani l'occasione di ridurre a norme più determinate quella maggiore prestazione, che in luogo degli instabili antichi tributi fu pagata dal regno col nome di donativo e che formò la più certa entrata del tesoro. Fino a quando le assemblee furono interrotte, o non regolari, le cose procedettero variamente secondo i bisogni. Stabilita infine la decennale convocazione del parlamento, incominciò la proroga da un decennio all'altro degli offerti donativi a considerarsi come un provvedimento necessario e progressivo. Ed andò d'allora in poi gradatamente accrescendosi la profferta; in modo che nelle corti ragunate dal duca di Avellano vennesi a stanziare a tal uopo la somma di scudi settantamila; continuatasi poi per mezzo secolo, infino a quando nell'ultimo parlamento intimato dal conte di Montelliano fu pel motivo della maggior penuria dei contribuenti ridotto quel tributo a scudi sessantamila. Questo donativo pagato dai membri di ciascuno stamento nelle proporzioni determinate dalle stesse corti [1417 ] formava adunque se non il maggiore, il più certo dei proventi fiscali; e destinavasi specialmente ai dispendi militari, quando per altri imperiosi motivi non era applicato diversamente; come vedemmo qualche volta essersi fatto per la restaurazione delle vie e dei ponti; come si trova essersi praticato per bisogni anche non connessi col servizio dell'isola [1418] .


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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