Il perché meritò giustamente i concordi applausi dei dotti del suo tempo [1546] ; e dee meritare di esser dai Sardi stimato fra i migliori ed i più accurati scrittori nazionali.
Chiuderò questi cenni dei lavori filologici dei Sardi col notare quelli che sovra alcune lingue americane fece in quello stesso correre di tempi il padre Antonio Maccioni della compagnia di Gesù [1547] ; il quale fu anche benemerito degli studi geografici per aver intrapreso in un'altra sua opera a descrivere la corografia e la storia naturale d'una delle più vaste e più fertili provincie dell'America meridionale [1548] . E passerò ad una classe di scrittori che molto più numerosa si presenta e della quale già più volte mi toccò di rammentare le opere; a quella cioè dei nostri storici.
Il primo ricordo è dovuto all'arciprete turritano Giovanni Francesco Fara, innalzato poscia al vescovado di Bosa [1549] ; il quale soprasta a tutti gli altri scrittori delle cose nostre non solamente perché fu il primo a tentare la difficile impresa di ridurre in un corpo solo le notizie sperperate che qua e là si trovavano nei raccontatori delle cose altrui, ma ancora perché nell'ingegno e nel buon giudizio di tutti gli altri fu maggiore. Pregiudica solamente alla sua compilazione la troppa fede o la troppa importanza data alle antiche memorie mitologiche; per la quale io notai nei luoghi opportuni la di lui debolezza con quella franca censura che debito è di chi non un panegirico scrive, ma una storia. Ma alloraquando passa il Fara ai tempi che si possono chiamare storici, la narrazione sua veste la natura delle cose; e soda, esatta, ordinata procede con rapidità e con senno.
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