Gli amori suoi con una vezzosa donzella algherese che egli volle chiamare col nome di Fortuna occupano una metà dell'opera. L'altra è riempiuta dalle notizie della di lui prigionia; delle vessazioni fattegli dagli uffiziali spagnuoli che comandavano in quel tempo nell'isola; del viaggio ch'egli intraprese in Ispagna sia per chieder ragione delle sofferte ingiustizie, sia per obbliare la sua amata voltatasi nel tempo della sua disavventura ad altro amante; della favorevole accoglienza infine che incontrò in Catalogna; dove la sua poetica vivacità gli conciliò il favore d'illustri dame; ed ove pare che abbia fermato il suo soggiorno pubblicandovi questa sua scrittura.
Io non intendo certamente stancare il lettore col dar cenno delle une o delle altre vicende; poiché da un canto gli amori di Fressano sono raffinati in quel crogiuolo dell'esagerato Platonismo per cui volendosi sottoporre ai calcoli della mente li slanci imperiosi ed indomabili del cuore, restò disnaturata nelle scritture di tanti freddissimi amatori l'indole dell'amore; dall'altro le disgrazie del poeta non appartengono a quelle che per la nobiltà o per la rarità delle avventure possono somministrare degno suggetto ad un poema. Solamente perché il mio silenzio non sappia di dissimulazione, io dirò che invano tenterei di svegliare l'interesse del lettore per una narrazione in cui fra le interminabili dicerie degli amanti contenti e mal paghi, il movimento dell'azione è sempre lento, più volte uniforme e qualche fiata stravagante.
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