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      Egli comparisce nel principio di quel capitolo immerso in quei pensieri patetici e morali coi quali ingemmava tutti i suoi versi, allorquando è scosso dal suono di una voce sospirosa e profonda che invitavalo ad intermettere i suoi studi ed a contemplare uno stuolo d'ombre che gli si andava appressando. Segue quindi il poeta: il mio cuore proruppe in sospiri, che infocarono l'aria all'intorno, ed io rimasto attonito bagnai di pianto la penna e le mie carte [1585] : e dissi: tra queste ombre nissuna è da me conosciuta per antico colloquio o per altra rimembranza". L'ombra principale allora, la quale raffigurava quel Gavino Sambigucci di cui altra volta si diede da me onorevole contezza [1586] , così rispondevagli: sovvengati di quella giovine età, di quella in cui per la prima volta amico diventasti delle muse: e dimmi se avesti allora al tuo fianco un amico che poseti fra le dita quella penna per cui a te partoristi fama. La barba ispida ti veggio adesso, e canuta la chioma, e non più mi riconosci?". Riconobbe in quel punto l'Araolla l'antico suo maestro, e con effusione di grato animo così gli parlava: o quante volte, anima dotta, mi trattenni con teco e feci tesoro nella mia mente delle cose altissime che intendeva. O te felice che oramai trascorresti quest'oceano di stenti, ove ogni cosa è vana; e non v'ha diletto, o non dura, e chi più vi dimora, è più tormentato! Un breve parossismo, un ahi è bastante ad atterrarci, come tu ben conosci, o fisico sottile. Così fu che la cruda morte spense con mano ostile la tua vita, onde tu gisti lassù a fregiarti di altro ricco monile; che se più tardavi fra noi, le opere eccelse del maestro mio gli sarebbero per ogni tempo sopravvissute.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





Gavino Sambigucci Araolla