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      Ma il giudizio divino stabilì diversamente, acciò i cieli si abbellissero di un novello Serafino". Intese allora il nostro poeta a ravvisare la lugubre compagnia che gli si parava innanzi. Erano quelle le ombre di alcuni dei migliori letterati sardi della sua età. Età forse la più onorevole per noi e più ricca di nomi pregievoli. Età in cui sotto gli auspizi del viceré conte d'Elda, cultore anch'egli delle muse e delle lettere amene, vedevansi i migliori ingegni animati concordemente a ricercare nelle scuole straniere l'istruzione od a propagarla nell'isola con ogni maniera di sollecitudine e di esempio; nel mentre che il parlamento della nazione partecipando a sì nobile entusiasmo ordinava lo stabilimento degli studi maggiori. Gioverà pertanto il far conoscere i tratti caratteristici e concisi coi quali il poeta dipinse quei suoi antichi amici. Egli primieramente figurò l'atteggiamento del Sambigucci nel rispondergli con la seguente immagine degna dell'Alighieri: io lo vidi raccolto in sé, e tutto sospeso, qual uomo che abbia nell'animo di narrare molte cose, ed abbia l'organo offeso" [1587] . Poscia imprese a delineare con queste poche, ma sugose espressioni il ritratto di quei trapassati: quello che tu vedi già tutto bianco per antico pelo soffermarsi impensierito ancora pei travagli della cruda sua ventura, è l'amico nostro tanto desiderato Gerolamo di Vidini; che vivendo avria renduto
      assai più illustre il nido suo sassarese. Quell'altro che procede con grave andatura e fronte altiera, quale chi spregia le cose che fallano, è il nostro Simone di Figo, lume e ornamento di Torres.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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