Ma non sembravi tu cosa mortale.
L'ammirazione di quel grande inspirava certamente il nostro poeta quando egli in tal modo dipingeva la sua amica inferma:
Le rose onde il bel viso è sempre adornoEran sparite, e del soave sguardo
Languia l'almo splendore onde tutt'ardoEd arderò fino all'estremo giorno.
Ma dall'usato suo dolce soggiornoNon partia la bellezza; e lento o tardo
Non avventava dai begli occhi il dardoAmor che ognor vi scherza entro e d'intorno.
Quivi amore e bellezza in forme nuove,
Ma con l'istesso sforzo oppur maggioreFacean pur contra me l'usate prove.
Che a quel dolce languir languia il mio core;
E quante volte avvien che si rinoveLa rimembranza, in me cresce l'ardore.
Nei tratti seguenti, parmi che la leggiadria dei pensieri e dei modi sia, più che imitata, propria dell'autore:
Qual fabbro industre ad opra altera volto,
Onde speri al suo nome eterni onori,
Pria che in marmi egli avvivi o in tersi avoriLa bella imago che a formare ha tolto,
In stile pur via men limato e coltoE in men nobil materia ei mette fuori,
E in varie guise atteggia i bei lavoriChe il fecondo pensier dentro ha rivolto;
Tale a formar costei, che di sì puraSplende e intera beltà, qual non espose
A mortal guardo pria l'alma natura,
Se altre belle mai fur, in loro imposeSol di lei rozzi esempli; ed ogni cura
In lei poscia, ogni industria e studio pose.
Vago parimente e peregrino sembrommi il tratto che segue:
Quel che ordinato fu spirto celestePer custode e compagno a questa Dea
Il dì che in prima in questa vita rea
| |
Dea
|