Apparve cinta di terrena veste;
Nasci pur, disse, o bella, ed omai questeAure del tuo splendor rischiara e bea:
Ecco t'attende il mondo e si ricreaE d'altro aspetto a te s'adorna e veste.
Non deggio in ultimo per lo stesso motivo lasciar di notare a compimento di questo mio cenno, come il Buragna dopo avere in un suo sonetto espresso il volgare pensiero che la notte in cui gli venne fatto di veder la sua donna fu per lui più splendente del giorno il più limpido, conchiuda nobilmente con questi nuovi sensi il suo concetto:
Né già d'esser in terra a me pareaOve alla notte con vicende alterne
Il giorno, ed ella poscia a lui succede;
Ma ben lassù dove rischiara e beaAltra luce, altro sol quelle aure eterne;
E veder quel che qui si spera e crede.
Nel qual ultimo verso trovasi ad un tempo l'espressione felice di una verità teologica e tutta la poetica venustà.
Per mezzo di questo rapido sunto, se mi fu dato d'infiorare la tomba di alcuni illustri Sardi coi fiori stessi tolti dalle loro scritture, io credo d'aver soddisfatto ad uno dei doveri precipui dello storico. Ché l'ordinare i fatti già conosciuti e lo spogliarli delle rozze vesti fra le quali poterono esser involti da chi primo intese a produrli alla luce, opera è commendevole ed abile ad illustrare chi sapesse colle sue fatiche rispondere all'impegno. Ma il sottrarre dall'obblio il nome di coloro che giacquero ignorati solamente perché alcune imperiose vicende ottenebrarono per lungo tempo la terra loro nativa, debito è di giustizia.
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Buragna Sardi
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