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      Ma dominato da quel suo intento di temporeggiare co' rimedi mezzani, cadde volontariamente nel maggior degli errori, commettendo l'incarico di comprimere quella sedizione alla persona che avea forse più di qualunque altra contribuito ad accenderla. Il conte di Montesanto fu da lui investito della qualità di suo luogotenente con amplissime facoltà. Con la qual cosa ei credeva forse di poter disanimare coloro che non bene attigneano come il conte di Montesanto fosse ambidestro ed abile a parere, o ad essere ciò che meglio gli andava a grado. Egli di fatto veggendosi posta fra le mani la facoltà d'indirizzare le cose come convenivano al suo intento, s'astenne dal cacciare dall'isola i sediziosi e contentossi di procedere contro ad essi nelle forme giudiziali; le quali ebbero compimento col confino d'alcuni de' principali nella città di Cagliari e colla promessa solenne loro fatta che la punizione non oltrepasserebbe quel termine. Prese poscia il conte a sfogare il suo infinto zelo contro a quei soli che non confidandosi di quella promessa ripararono a Barcellona. E confiscando i loro beni diede a conoscere che egli puniva non la ribellione contro al principe, ma la diffidenza verso di sé; e che i più odiosi fra i partigiani erano per lui quelli che per la loro assenza meno poteano nuocere alla causa regia.
      È facile il comprendere che quel confino in Cagliari di alcuni de' congiurati era un riparo inferiore al male. Tantoché appena venne ai confinati il destro, non penarono ad allontanarsi dalla capitale ed a porre le loro persone in salvo.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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