Da quel punto adunque egli non più quale ministro del re si comportò, ma qual uomo cui nella ruina della cosa pubblica caleva solamente il salvare sé e le cose sue. Si strinse a tal uopo maggiormente al conte di Montesanto, il cui fratello conte di Çifuentes veniva già allora sul navilio nemico ad occupare la carica di viceré commessagli dall'arciduca. E quasi come non bastasse per cattivarselo il non avergli saputo resistere, volle anche invilirsi maggiormente a' di lui occhi, infingendosi di non averlo saputo conoscere. Onde si condusse a tale, che tratto in inganno lo stesso monarca, cui scrivea calde lettere a favore del marchese di Villasor, conseguiva finalmente che Filippo s'inducesse a conferirgli la tanto desiderata dignità di grande. Sebbene poco valse quel ritardato favore ad abbonacciare il marchese. Egli avea già in quel tempo avuto la promessa di eguale dignità dall'arciduca. E siccome da questo canto sembravagli l'attendere più corto, stimando le armi austriache più felici, punto non si stornò dal primiero suo intento: giacché l'importanza degli onori le tante volte si misura meno co' diritti che colla fortuna di chi li distribuisce.
In questo fare appunto era il viceré, quando la flotta inglese capitanata dall'ammiraglio Lake comparve nelle marine sarde, forte di quaranta navi da guerra oltre ad alcuni legni minori. All'apparato di tal navilio non rispondeva in conto veruno la quantità delle genti da sbarco: poiché un solo reggimento di soldati raccogliticci condotti affrettatamente in Barcellona componeva tutta la forza di terra.
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