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      Il novello viceré conte di Çifuentes, il quale, come dissi, era imbarcato sulla flotta, fu quello che indusse l'arciduca a contentarsi di una forza tanto sproporzionata all'impresa; nutrendolo della speranza di venire unanimemente acclamato sovrano in Sardegna al primo approdarvi del navilio. L'arciduca pertanto, che senza venir meno di confidenza non si abbandonava ciecamente alla ventura, avea comandato all'ammiraglio: non esponesse a verun cimento le altre truppe; vedesse modo con quella sola soldatesca e coll'ausilio de' partigiani di sorprendere la capitale; qualora le promesse del conte fallassero, bombardasse la città e veleggiasse di nuovo inverso Barcellona, lasciando prigionieri in Finale il conte ed i due gentiluomini don Francesco Pes e don Giovanni Valentino, capi de' tumulti della Gallura e compagni del conte nella spedizione. Don Vincenzo Baccallar avvisato dal viceré che tenterebbesi tosto in quella provincia qualche sollevazione, avea frattanto ordinato le cose in tal modo che eragli riuscito di circondare colle milizie devote al re le vette dell'aspra roccia di Limbara, sulla quale eransi raccolti i sediziosi. Cercava perciò egli d'inanimire il viceré scrivendogli: non paventasse da quel canto veruna sorpresa; si abbandonasse con fiducia al solo pensiero della difesa della capitale; ove mai per sinistra sorte fosse obbligato a cedere all'inimico, riparasse colle persone più fide a Sassari; sarebbe stato assai malagevole ai nemici l'avanzarsi colà; poiché don Giuseppe Deo, uomo di sperimentato valore e fede, era stato già destinato alla difesa del Castello Aragonese; e la rocca d'Alghero, benché governata da don Alonso Bernardo di Cespedes, partigiano occulto degli imperiali, si terrebbe per Filippo mercé dello zelo de' gentiluomini di quella città don Michele e don Antonio Ruiz, i quali per tal cagione erano già in aperta rottura col governatore.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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