Si voleva da prima aonestare l'indugio col rappresentare alla corte come per una spedizione di quella importanza si difettava di truppe in numero conveniente; e tal era il pretesto che allegavasi dal duca quando il marchese di Laconi, nominato viceré di Sardegna, passò a Genova con molti altri gentiluomini sardi. Ma tal ragione di mandar in lungo la cosa veniva tolta di mezzo dallo zelo del marchese di S. Filippo e del conte del Castiglio, i quali veggendo la necessità di aiutarsi di privati mezzi, acciò il buon disegno non invanisse, volonterosi addossaronsi il peso di levare a loro spese un reggimento, che veniva poscia comandato da un uffiziale sardo di molta esperienza e prode dell'arme, chiamato don Domenico Loi [1611] . Malgrado di tali soccorsi, il duca pel quale stava principalmente di prolungare la partenza, trovò ragioni a dovizia per metter tempo in mezzo fino al momento da lui disegnato; il quale tornò anche mal opportuno, perché sopravveniva allora la stagione la più calorosa dell'anno e la meno propizia a far correre l'isola da soldatesche straniere non ausate a quel cielo. Invano l'animoso e leale marchese di S. Filippo, il quale penetrava in quelle cose più avanti che gli altri, s'attentò d'aprire al re l'ambiguo contegno del duca, dichiarando che nel termine in cui si trovavano gli apprestamenti, la mancanza d'un nerbodi truppa sufficiente a campeggiare la capitale rendea l'impresa difettiva; ed esser perciò più prudente consiglio quello di abbandonare o riserbare a miglior tempo l'impegno preso sopra quell'opera.
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