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      Tuttavia non rispose a questo primo tratto di benignità l'aspro governo fatto de' nazionali dopo il ristabilimento del dominio. La prima opera de' novelli governanti nella capitale fu quella di sostenere i consoli ed i consiglieri della città e distender la mano alle rendite municipali per disporne arbitrariamente. Malgrado degli antichi privilegi di quei cittadini, venivano eglino poscia assoggettati a tutte le durezze dell'alloggiamento militare; e costretti a fornire gli ospedali della soldatesca di letti e di masserizie. La qual cosa tornava anche più incomportevole quando il cardinale Alberoni, disposto a tentare una invasione nella Sicilia, facea passare a tal uopo dalla Spagna in Sardegna ventimila soldati: dappoiché sperperati questi in tutte le terre dell'isola vi commettevano ogni sorta di vessazione, trascendendo ogni temperamento nel travagliare i popolani ed obbligandoli a sofferire che i loro frumenti si segassero in erba, onde esser dati per profenda ai cavalli dell'esercito. Ebbero perciò più volte ricorso al re coloro cui scontrava sì dura fortuna: e le città dell'isola inviarono in Ispagna un sindaco che richiamandosi di tanta licenza ne offerisse il ricomperamento mediante il denaio necessario ad acquartierare quelle truppe. Ma i provvedimenti di Filippo, che si dissero favorevoli alla nazione, non si lasciarono giungere a comune notizia. Si veniva quindi in sul ricercare un donativo annuo triplicato: e la somma di scudi centottantamila, imposta senza alcuna delle consuete forme, era violentemente riscossa con minaccie d'incendio e di ruina.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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