Come prima Vittorio Amedeo ebbe penetrato che ricercavasi da lui la cessione del regno di Sicilia, prese a richiamarsene altamente, rammentando i servigi renduti dalle sue arme alla causa degli alleati e le stipulazioni di Utrecht. Ma non mai questo accorto e magnanimo principe erasi veduto inviluppato in maggiori difficoltà. Già avea egli dovuto da prima destreggiare nello scoprire dove fossero destinati gli armamenti apprestati dalla Spagna. E l'Alberoni facendo le viste di aprirsene all'abate Mari, ministro del re, avea artificiosamente lasciato trapelare il segreto dell'alleanza che mostrava di voler stringere seco lui; acciò, risvegliata la diffidenza degli altri potentati, rimanesse alla Spagna il vantaggio o di trattare con un alleato più pieghevole, o di contendere con un nemico più affievolito. Se non che il re, il quale andava avveduto in qualunque sua opera ed avvedutissimo in quella che più gli stava in sul cuore, avendo attinto di leggieri la chiusa fraude del ministro spagnuolo, rispondevagli tale che questi avesse a conoscere tendersi indarno la ragna al più scaltrito. Questo stesso accorgimento del re così utile nelle prime trattative, era poscia tornato mal in acconcio quando al primo cenno avuto delle deliberazioni degli alleati per la Sicilia, maggiore gli si era dimostrato il bisogno di accostarsi determinatamente alla Spagna: poiché il cardinale già di molto incapriccito di quella sua spedizione siciliana e peritoso di recare a somma gli accordi con un principe di sì profondo avvedimento, avea lasciato scadere il tempo propizio all'alleanza.
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