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      E tal era di fatto il pensiero del principe. Scriveva egli al barone di S. Remigio: non desse favore speciale a veruna opinione; attraesse indistintamente a sé la volontà di tutti: ponesse mente al merito ed alla virtù delle persone; non mai alla fede portata in addietro ai Castigliani od agl'imperiali; nelle private udienze si mostrasse del pari accostevole agli uni ed agli altri; nelle proposizioni da farsi per le pubbliche cariche, avesse cura di mescolare i nomi de' diversi partigiani; affinché nel prestare comunemente la loro opera al nuovo sovrano, incontrassero essi nell'esercizio de' propri doveri il mezzo migliore di obbliare una dissensione non più fruttuosa. Al tempo stesso siccome il re accorgeasi che quella divisione si riferiva solamente alla persona del monarca, non alla monarchia; e che nell'animo degl'isolani eransi naturate col lungo abito della signoria spagnuola le leggi e le usanze di quella nazione; per la qual cosa sarebbe tornato malagevole il rader dal cuore di primo tratto le antiche affezioni, saggiamente comandava: si uniformasse il viceré negli atti del suo governo alle forme introdotte dai monarchi di Spagna; rispettasse scrupolosamente le leggi da essi bandite; e quelle specialmente che erano dai regnicoli avute in maggiore riverenza; nel favoreggiare il cambiamento stesso del comun parlare castigliano procedesse cautamente ed a rilento; facesse insomma in modo che i popoli non s'avvedessero di veruna mutazione nelle maniere di governo. Esser pur vero che stando in tali termini avrebbero più lunga vita alcuni abusi; nondimeno conferir meglio al bene dello stato una graduata correzione che l'impiego immaturo de' rimedi estremi; e durarsi minor fatica a far cader poscia a tempo debito una mole lunga pezza scassinata.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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