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      Carlo Emanuele scriveva ai Sardi una lettera amorosissima; promulgava un indulto pe' delitti meno atroci; e commetteva al marchese di Cortanze di sicurare i nazionali dell'osservanza delle leggi e degli statuti del regno con solenne pubblico giuramento. Alla qual cosa rispondeano gli stamenti, primieramente cogli omaggi renduti al viceré; e poscia col deputare il reggente nel Supremo Consiglio marchese di Villaclara acciò fosse nuovamente a piè del trono l'interprete dell'obbedienza e della venerazione di tutti gli ordini dello stato [1648] .
      I pensieri del novello sovrano non sì tosto come egli avea in animo, poterono rivolgersi al lontano regno. Egli per singolar ventura era salito al trono senza il dolore di veder discendere nel sepolcro il padre suo. Ma per questo appunto ebbe a trovarsi involto fra le cure le più gravi per un sovrano, le più spiacenti per un figliuolo. È noto a tutti come quella lucida e vigorosa mente del vecchio re intenebrì nel declinar della vita; come i tentativi fatti per ripigliare l'abbandonato potere minacciarono di muovere la pubblica quiete; e come Carlo Emanuele esitante fra la pietà figliale e la considerazione di quel moltissimo che potea sopravvenire in una mutazione repentina del governo, cedendo alle istanze de' più assennati suoi consiglieri, fu costretto a parer figlio severo, per conservarsi sovrano incolpabile. Nel mentre adunque che i penetrali stessi della reggia erano contristati per domestiche disavventure, l'unico atto ricordevole pel governo della Sardegna si fu la scelta del novello viceré marchese Falletti di Castagnole e di Barolo; personaggio quant'altri mai degno di rappresentare un sovrano amorevole e saggio.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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