In una scelta sì commendevole il re avea posto mente non solo al bisogno ordinario dello stato, ma alla convenienza ancora di rimettersi del perduto; ove mai venisse a certificarsi che durante il comando dell'ultimo viceré si fosse, come ne correa voce, scemato il rispetto de' nazionali inverso il supremo governante. Vero è che lungi dall'essersi poscia giudicata la condotta di lui meritevole di censura, nelle segrete informazioni prese dal conte Beraudo di Pralormo, reggente della real cancelleria, sovra alcune imputazioni dategli del mescolarsi egli in private negoziazioni, venne ad apparire essere le fatte accuse frutto di malevolenza o di temerarie conghietture. Ma siccome non mancano mai gli uomini avvezzi a travolgere le cose in tutt'altro sembiante da quello che elle hanno; e le persone elevate a gran dignità sono vieppiù soggette a vedere che altro di loro mostri una accurata disamina, altro accenni la fama; così ne avvenne che il re il quale ebbe poi a sincerarsi della verità, dovette nell'intervallo stare sopra pensiero, acciò in quella sublime positura la dignità del suo rappresentante si serbasse immacolata.
Maggiori sollecitudini destava nell'animo del re il sospetto degli armamenti che allora faceansi dalla Spagna contro alle reggenze africane; i quali poteano anche risolversi in qualche tentativo d'invasione nella Sardegna. Non era ignoto a lui che a molti de' Sardi stava in sul cuore l'antico dominio; e che nelle politiche mutazioni non mai tanto si può fare per divezzare i più teneri delle vecchie abitudini, che molto non rimanga a compiere al tempo.
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