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      E non sì tosto sentivansi i felici annunzi del passar che il re facea da trionfo in trionfo ad espugnare Pizzighettone, Milano e le rocche di Novara e di Tortona, colle quali lo stato lombardo restava compiutamente sottomesso alle sue armi; e del sortir suo a gloriosissimo fine nelle pianure di Guastalla, dove rimase eterna la fama della bravura e del consiglio di Carlo Emanuele; i Sardi, i quali dopo l'età di Carlo V aveano veduto intormentirsi sul trono di Castiglia le virtù militari, allegravansi di sottostare ad un eroe; e con lietissime luminarie e pubbliche feste palesavano il loro giubilo. Paghi anche nello scorgere che non mai fra i gravi pensieri della guerra erasi allentata la sollecitudine dell'interno reggimento dello stato; onde regolarmente venivano anche allora gli spacci del re a dar legge ai pubblici affari; e sotto le tende, come nella reggia, porgeagli il ministro marchese d'Ormea il ragguaglio de' negozi anche minori ragguardanti al governo dell'isola.
      Mentre che le cose procedevano in tal modo, accadeva quasi improvviso la morte del viceré, il quale in sul toccar del quarto anno del suo governo succumbeva a violenta infermità. Indi a poco tempo esciva pure di vita il conte di Brassicarda, generale delle genti da guerra; alle cui mani per anteriore segreta commessione del re era passato col titolo di presidente il superior governo dell'isola. E non trovandosi nel regno altra persona investita di special potere per succedergli, avvisava egli prima di morire che farebbe cosa utile al regio servizio se colla propria autorità trasferisse in altrui la presidenza.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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