Approvato questo pensiero dal re, erasi tosto cercato per alcuno che togliesse il carico di stabilire la novella colonia, mercé della concessione di quell'isola in feudo. Ed interponendosi in ciò non meno dal viceré che dall'intendente generale conte Botton di Castellamonte molta diligenza, era in brieve tempo venuto fatto di poter accordare col marchese della Guardia don Bernardino Genovés li termini tutti di quell'impresa. Stipulavasi pertanto: fosse l'isola ceduta al marchese in dominio feudale, col titolo e colla dignità di duca; le spese maggiori dello stabilimento fossero a carico di lui; si ergesse colà una bastita ed una torre per sicurare gli abitanti contro alle invasioni degli Africani; il re assumerebbe sul suo tesoro l'obbligo di trasportare ivi i popolatori e di difenderli; si desse a quella colonia il nome del sovrano fondatore e fosse perciò appellata Carloforte. Si regolavano pure ad un tempo le condizioni tutte e le franchigie de' coloni, e le ragioni del signore; le quali erano state già riconosciute ne' patti fermati cogli abitanti di Tabarca; a cui nome Agostino Tagliafico, che avea sostenuto in tutto quel trattato le prime parti, erasi già convenuto col marchese. Nel mentre che Giacomo Rumbi, indirizzatore dello stesso negozio in Genova, dove erano corse alcune pratiche col patrizio Giacomo Lomellini, signore di Tabarca, avea anche dal suo canto operato quanto colà era d'uopo per recare a maturità quel disegno.
Traghettavansi frattanto da Tabarca a Cagliari tutti coloro che aveano voluto seguire le sorti del Tagliafico.
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