Se non che la pace, senza la cui salutare influenza non è dato agli uomini che ben di rado il tornare in fiore la fortuna degli stati, era di nuovo fugata dall'Europa; dopo che, passato lo scettro austriaco nelle mani dell'animosa e saggia reina Maria Teresa, i potentati tutti, corsi di nuovo alle armi, aveano obbligato anche il re di Sardegna a combattere in quell'intricatissima guerra. Con auspizi pertanto poco fausti davasi nell'isola lo scambio al conte d'Apremont col novello viceré barone di Blonay.
La direzione primaria delle cose sarde in Torino era anche poco dopo variata: poiché, elevato alla dignità di gran cancelliere il marchese d'Ormea, nel cui ministero ordinavasi tutto ciò che ragguardava all'interno reggimento dell'isola, commettevansi queste gravi cure al novello ministro conte di S. Laurent. All'atto che i negozi guerreschi, commessi in fino ad allora al marchese Fontana, che vedemmo principale indirizzatore delle cose nostre al primo mutarsi della signoria, sottoponeansi al governo del conte Gian Lorenzo Bogino; del cui gran nome mi toccherà in altro luogo riempiere il periodo migliore di questa storia. I novelli ministri sottentravano nel tempo appunto in cui per ragione dell'invasione de' ducati di Parma e di Piacenza intrapresa dal re cattolico e dal sovrano delle due Sicilie, Carlo Emanuele abbandonando il Cristianissimo, ed accostandosi alla regina di Ungheria, faceva avanzare in Italia le sue soldatesche a frastornare i disegni dell'oste nemica. Nasceva dunque di necessità il pensiero di guarentire anche la Sardegna da qualunque ostile tentativo.
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