[601] Le sole parole del pontefice Adriano nella succitata lettera (riportata da C. Baronio, Annales ecclesiastici, cit., all'anno 785, n. 32), le quali appartengono alla donazione di Carlo Magno, sono le seguenti: unde (Carolus) per sua laboriosa certamina, eidem Dei apostolicae ecclesiae, ob nimium amorem, plura dona perpetuo contulit possidenda, tam provincias quam civitates, seu castra et caetera territoria. Immo et patrimonia, quae a perfida Longobardorum gente detinebantur, brachio forti eidem Dei ecclesiae restituit, cuius et iure esse dignoscebantur. Né in questa lettera cadeva in acconcio al pontefice di estendersi a dire più su quel fatto, che solo per incidenza vi si trova rammentato, essendo lo scopo di quella scrittura tutt'altro, quello cioè di combattere l'eresia degli iconoclasti, di soddisfare alle brame degli imperatori per la congregazione d'un concilio generale in Costantinopoli, e di riprovare il titolo di patriarca universale dato a Tarasio, patriarca di quella metropoli. Il dominio politico della Sardegna non ha perciò veruna cosa comune col suggetto, o colle espressioni di tal lettera; dalle illustrazioni della quale, fatte nei commenti del Baronio dall'erudito e critico P. Pagi, si raccoglie invece una notizia che non è di lieve momento per dimostrare il continuato dominio degli imperatori greci nella Sardegna eziandio in quell'età; avendo questo scrittore posto in chiaro che l'uno dei due legati surrogati dagli imperatori alli due primi incaricati di trattar col pontefice quei negozi, era Epifanio, inviato dell'arcivescovo di Cagliari.
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