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      E questa sola considerazione può bastare per dimostrare quanto suggetta a dubbietà sia la disamina del primato pisano; nella quale chi ami d'internarsi maggiormente può consultare l'opera citata del Machin, ove fra le vane verbosità scolastiche molte sode e critiche ragioni pur s'incontrano (vedi A. Machin, Defensio sanctitatis beati Luciferi, cit., cap. 36 e seguenti). Nel secolo posteriore i Pisani, avendo demeritato presso alla Santa Sede per le parti seguite di Corradino, nipote di Federigo imperatore, contro alla chiesa romana, furono privati quelli arcivescovi del diritto di metropolitani fino a quando Gregorio X (la cui bolla è riportata da F. Ughelli, Italia sacra, colonna 442) restituì loro l'antica dignità nell'anno 1272. Esercitarono poscia gli arcivescovi di Pisa atti analoghi di giurisdizione (F. Ughelli, Italia sacra, colonna 443); ma incorsero di nuovo i Pisani in disgrazia della Santa Sede nel 1327 per aver seguito le parti di Lodovico imperatore e dell'antipapa Nicolò V contra Giovanni XXII; e più tardi nel 1512 privati furono da Giulio II nel concilio lateranese XIX di tutte le dignità e privilegi ecclesiastici in seguito al noto conciliabolo pisano di quell'età; come colla produzione degli opportuni monumenti dimostrò il nostro arcivescovo Machin, intento a comprovare la rivocazione seguita delle antiche concessioni. La rivocazione maggiore è per me, come scrissi, quella della concessione dell'isola ai sovrani aragonesi. Il primato degli arcivescovi pisani in Sardegna, abbenché fosse certo in origine, non poté dipendere da altra causa che dalla contemporanea signoria della repubblica.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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