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      Eccolo: Federigo: La bisogna è già compiuta; a te sta ora lo sciorre la parola datami e pagare li promessimi quattromila marchi d'argento. Barisone: Non niego, o signore, le mie profferte; ma in questo momento mi trovo a qualche stretta, e mancami il denaio: io anderò pertanto in Sardegna, e quivi senza indugio soddisfarò al mio debito. Federico: Io sono già per pigliare le mosse, ed ho, come si suol dire, il piè nella staffa; tanto vale ciò che tu mi di', quanto se dicessimi: non vo' pagare. Un uomo quale tu sei, che guadagnossi un regno e che ricevette sul suo capo una corona, dovria non istare in sul tirato, ma piuttosto sopravanzare col pagamento le prime offerte; impertanto, bando alle parole, e vegniamo ai fatti. Barisone: Signor mio, se mai tu dubitassi di mia buona fede, io troverò modo a giustificarmene. Segnami solamente un termine entro al quale io possa essere di ritorno dai miei stati, ed allora non interporrò difficoltà a soddisfarti ancora al di là di quanto ho profferto. Federico: Lasciamo le baie, o Barisone, e non voler ingarbugliarmi di nuovo con le larghe parole, delle quali io già toccai con mano la vanità. Tu puoi avere qui in terraferma i mezzi come uscir di debito, e da questo punto io non ti concederò altro colloquio meco fuoriché col contante fra le mani. Barisone: Per mia fé, io ne manco affatto affatto; ma industrierommi, ricorrerò ai miei ospiti, consiglierò con essi e con gli altri miei amici onde sciogliermi dall'obbligo. Federico: Così sia. Cronica pisana Laurentii veronensis, lib.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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