Egli mi comunicò queste e molte altre carte attenenti alla storia dei giudicati, con quella nobiltà d'animo che lo distingue e della quale mi torna qui cosa gradita il poterlo pubblicamente riconoscere; non tanto perché ne sia laude a chi è già per molti altri rispetti laudabile, quanto perché sia posto di ciò esempio contro a coloro che, veri Arpagoni della letteratura, e senza favilluzza di generosità nello spirito, o tesoreggiano, o serbano gli altrui tesori letterari ad uso di parecchie generazioni di tignuole. Mercé di tali comunicazioni, io fui in grado di rammentare fra i giudici galluresi il nome di Ottocorre, incognito agli altri scrittori della storia sarda. La più antica notizia che ai di lui tempi appartenga contiensi in una carta del 1113 (stile pisano, corrispondente all'anno dell'era volgare 1112), nella quale Padulesa di Gunale, che s'intitola vedova del defunto re di Gallura Torcotorio de Zori, dona una corte alla chiesa di S. Maria di Pisa. Se da questa carta si raccoglie che Torgodorio era già morto in quell'anno, s'inferisce del pari dalla medesima che succeduto era già allo stesso tempo nel di lui regno, e probabilmente meglio colla violenza che col diritto, Ottocorre; poiché la carta termina colle seguenti parole: de Sardis vero propter metum iudicis Othocor, qui tunc temporis iudex erat, qui supra memoratae Padulesae valde inimicabatur et minabatur, nullus testis interfuit. Questo giudice regnava ancora nel 1116, perché in altra carta (carte pisane 8 maggio 1117, ora in P.Tola, C.D.S., cit., sec.
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