Vedi G. F. Fara, De rebus Sardois, Calari, typis Nicolai Cañelles, 1580, lib. II, cap. Turritani iudices.
[818] Vedi E. Martène, Thesaurus novus anecdotorum, Paris, 1177, tomo 1, colonna 800. Il Gazano crede a torto che questa fondazione sia stata quella del monistero di Cabu Abas, mentre nella carta del Martène, nella quale non si nota il luogo della nuova fondazione, si legge che il monistero di Cabu Abas esisteva già allora: praeterea voluit esse exemtos a regalibus omnibus probat fuerunt in tempore illo illi de Capite aquae.
[819] P. Tronci, Memorie istoriche, cit., all'anno 1212. La carta di donazione esiste per copia presso al cav. Baille, ed incomincia: Nos Guillelmus, Dei gratia, Massae marchio et iudex calaritanus et arborensis. La data è del 10 maggio 1212 (stile pisano, corrispondente all'anno volgare 1211).
[820] Innocenzo III, Epistulae, cit., epistola 103, lib. XIV, in E. Baluze, Epistularum Innocentii III, cit., tomo 2, p. 554.
[821] Questo regno di Benedetta di Massa è stato finora uno dei tratti più oscuri della storia dei giudicati, per ragione specialmente della narrazione del Fara (De rebus Sardois, cit., lib. II, cap. Calaritani iudices), dalla quale si trasse anche motivo a credere che il nome del primo marito di Benedetta non fosse quello di Parasone e che al primo marito sia sottentrato un secondo, ed al secondo un terzo. Io tenterò di spargere maggior lume su di ciò, difendendo il titolo di giudice dovuto a Parasone, ed il maggior pregio che torna a Benedetta dall'unico nodo maritale seco lui stretto.
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