Ho pure confrontato tutti i nomi trascritti da quei monumenti (alcuni dei quali compariscono strani anche agli occhi d'un nazionale) con quelli notati nei migliori testi a penna dell'eccellente opera del Fara altra volta da me citata, ed intitolata De chorographia Sardiniae; e con gli altri rammentati dal Vico nella parte 6 della sua Historia general, cit., onde scegliere le migliori varianti; prevalendomi ancora del Fara e dell'Aleo (Sucessos generales, cit., tomo 2, cap. 57) per notare quei luoghi attualmente disabitati che mentre essi scriveano erano ancora in piede. Detratta in tal modo dalle notizie serbate dal Fara quella parte in cui possono le sue annotazioni aver appoggio in altra autorità a me nota, pongo in ultimo luogo la serie di quelli altri luoghi che, specialmente per le relazioni di quest'autore, si conoscono spopolati senza indicazione di tempo. Parlando delle castella mi contento di accennarne l'esistenza; ma lascio di notare, per la maggior parte di esse, l'età dello smantellamento; sia perché di alcune si parlerà nel seguito della Storia; sia perché quelle ruine ben lungi dal dinotare verun avvenimento poco fausto per la popolazione, segnano solamente la cessazione delle nostre guerre civili. Erano popolati nei tempi che seguono: anno 1324 (diploma del re Alfonso a favore di don Berengario Carròz), nel territorio di Cagliari, Germea. 1325 (altro simile diploma), nella curatoria d'Ippis, Utaposo ed Utanso. 1326 (diploma di don Alfonso a Raimondo de Vall), nel Campidano di Cagliari, Nulgi e Sapolla.
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