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      G. Cossu nella sua Descrizione geografica della Sardegna, Genova, A. Olzati, 1799, pp. 16 e 85.
      [1044] Questo uffiziale era scortato da quattro mazzieri della corte e seguito da venti persone o circa, armate di spada. Il nome che gli si dà nella relazione è di don Pal . Siccome nissuno degli antichi scrittori sardi ha fatto menzione di quest'ambasciata, non sono in grado di confrontare con altro monumento questo nome, che parmi sia stato alquanto guasto dallo scrittore della memoria. Forse il nome di quell'uffiziale era don Paolo, o don Pala; giacché in Sardegna la qualificazione di don, distintivo dei nobili, si unisce egualmente coi nomi e coi cognomi soli delle persone.
      [1045] Lo scrittore della relazione notò i di lui calzari di cuoio bianco alla maniera dei Sardi (more sardico).
      [1046] Et non expectare futuros ventos .
      [1047] L'espressione, con cui s'indirizzò il discorso al popolo, fu quella di buona gente ( bonae gentes ); espressione anche oggidì comune in Sardegna allorché si parla a persone incognite o raccolte insieme.
      [1048] La relazione dà contezza che gli ambasciadori mangiarono parcamente e mestamente ( moesti et dolentes modicum pransi fuerunt ), e che l'imbandimento del pranzo era pessimo ( prandium pessimum ). Non è fuor di proposito il pensare che il sinistro giudizio sovra quei cibi debbasi in gran parte al palato amaro con cui furono gustati.
      [1049] Vedi G. F. Fara, De rebus Sardois, cit., lib. III, cap. Petrus rex .
      [1050] G. Zurita, Anales, cit., lib. X, cap.


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Storia di Sardegna
di Giuseppe Manno
pagine 1187

   





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