Ma questa stessa ridondanza di glorie diverse fu quella che mi dié occasione prima a metter tempo in mezzo nel mio giudizio, e poscia a rimanermene. Per dir il vero io aombrava già nel leggere una così strana mescolanza di fatti e quel mondo di scritture. Ma rispettando l'autorità dello storico, m'induceva solo a sospettare che gli studi dell'Ansaldo, il quale stans pede in uno poté dettare trattati teologici, medici, filosofici, poesie latine, italiane, spagnuole, vite di santi, osservazioni sovra Tacito, storie generali e particolari, opere di matematica, di politica, dizionari, ecc., fossero stati al pari degli studi degli altri disputatori de omni scibili, che ebbero più vena che diligenza, tanto meno profondi quanto più estesi. Giunse poscia ad aumentare le mie titubazioni il consiglio di un dotto mio amico, il quale, avendo alcuni anni sono frugato nelle carte rimaste dell'Ansaldo (giacché nissuna cosa ei pubblicò colle stampe), non vi trovò che informi abbozzi di cose triviali, e poche pagine d'inconcludenti scritture. Per le quali ragioni inclinai maggiormente a credere che il cav. Cossu nello scriverne sia stato aggirato dai trovamenti di chi volle spassarsi seco lui o col pubblico; e che tutto quell'elenco enciclopedico sia una grossa nidiata di farfalloni. In tale stato di cose io credo mio debito se non di smentire, di non accreditare almeno quella narrazione. Anzi considerando che quando si bee grosso si fa poco divario nell'ingozzare l'una o l'altra cosa, mi astenni anche dal toccare delle geste militari dell'Ansaldo col timore che colà potesse del pari dormire lo scorpione.
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