Nel regno di Carlo Emanuele erano parimente considerati fra gli alunni delle nostre vecchie scuole don Giuseppe Scardaccio e don Pietro Sanna Lecca, ambi reggenti del Supremo Consiglio; don Gavino Cocco, poscia reggente la reale cancelleria del regno; e don Francesco Pes, che, chiamato a Torino per la fama che correva della particolar sua perizia nelle cose legali, vi fu tosto aggregato al consiglio di stato ed al consiglio supremo; e quindi sedette con lode nella regia camera de' conti; ed occupò infine la carica nazionale di reggente del predetto Supremo Consiglio. Pe' soggetti ecclesiastici basterebbe il nominare, oltre al dottore Corongiu ed al padre Cossu, (de' quali vedremo fra poco farsi distinto conto dal ministro nella distribuzione delle cattedre della novella università), l'illustre vescovo d'Ales don Giuseppe Maria Pilo, carmelitano; le cui omelie in lingua italiana (G. M. Pilo, Omeliae, Cagliari, Stamperia Reale, vol. 1 e 2, 1781; vol. 3 e 4, 1785) possono esser citate come un perfetto esemplare di quella soave eloquenza che deve animare le pastorali esortazioni de' vescovi; e come una testimonianza non dubbia della molta scienza dell'autore nelle cose sagre. Egli avea già allora renduto illustre il suo nome colla pubblicazione del sinodo diocesano, da lui congregato nel 1775 (G. M. Pilo, Synodus diocesana Usellensis, Calari, Regiis typis calaritanis, 1776 [non 1775] , 1 vol. in-4·). Per la qual cosa il pontefice Pio VI scriveagli nel 1783 (vedi G. M. Pilo, Omeliae, cit., tomo 4, l'omelia alla fine) un'epistola piena d'encomi; nella quale commendando la dottrina del nostro prelato, rallegravasi seco lui perché avea nelle sue scritture mostrato un nuovo esempio della virtù degli antichi vescovi.
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