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      In basso, a mezz'aria o in alto poi, le fanciulle cercan sempre una stessa cosa, una cosa sola: l'uomo.
     
      E anche Emma guardava dalla finestra della sua cameretta, che dava sulla via. E le ore filavano filavano senza noia e senza gioia, in una fantasticheria piena di ombre e di poesia. Quanti poemi scriveva fra le nuvole, quante commedie e drammi immaginava sulla terra!
      La via dove abitava era larga, ma non tanto da non poter distinguere chi abitasse la casa di faccia.
      Ma questa era da un pezzo muta d'ogni voce. Il primo piano era abitato da una ricca famiglia, che stava quasi sempre in campagna. E il secondo era sfittato da un pezzo.
      Un giorno però si videro spalancarsi tutte le finestre di quel piano e comparvero figure di uomini, di donne, di bambini; tutta la colonia d'una famiglia numerosa.
      Emma però non vide che un giovanetto, che non doveva aver ancora vent'anni, dacchè il primo onor del mento non poteva esser veduto che molto da vicino o con forti cannocchiali. Del resto una faccia come ve ne son cento. Nè brutto nè bello, ma con quel pallore, quella magrezza, quell'andar dinoccolato e incerto che ti mostrano lo sforzo grande, che fa la natura per trasformare un fanciullo in un uomo.
      Non eran passati che pochi giorni e anche il giovinetto vide Emma, e da quel giorno, bench'egli fosse un Enrico e non una Enrichetta, passò anch'egli lunghe ore alla finestra. Se non che, se per caso egli affacciandosi, vedeva Emma, questa si allontanava subito dal suo posto d'osservazione.
      Passarono parecchie settimane senza che fra quei due accadesse altro, che un guardarsi, un arrossire di entrambi, ma più di lei che di lui; un cercarsi e un fuggirsi.


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L'arte di prender marito
Per far seguito a "L'arte di prender moglie"
di Paolo Mantegazza
Editore Treves Milano
1894 pagine 127

   





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