Emma non aveva mai osato domandare alla cameriera chi fosse quella famiglia venuta a star di faccia; ma a tavola senza volerlo aveva saputo che era gente onesta e agiata. Un avvocato carico di famiglia, che mandava innanzi la casa coi travagli quotidiani della toga e che tra gli altri molti figliuoli aveva un giovanetto, che studiava medicina all'Università. Quel giovanetto era Enrico.
E su Enrico si appoggiarono tutti gli incerti desiri, tutti i sogni di Emma; e in lui, senza avergli mai parlato, senza averne neppure di lontano udito la voce, cercò l'uomo.
E l'uomo Enrico cercò la donna Emma e l'amò, poeticamente, ingenuamente; con tutte le sublimi puerilità d'un primo amore.
Chi dei due fosse più timido, non saprei dire; perchè lo erano entrambi fino all'impossibile.
Egli scriveva dei versi, che voleva gettarle nella finestra aperta; ma i versi si accumulavano e rimanevano nel cassetto.
Essa voleva fermarsi, quando egli fosse apparso, e voleva rispondere con un sorriso al suo sguardo; ma continuava invece a fuggire e il sorriso rimaneva sempre inedito.
S'erano incontrati più d'una volta anche per via e una volta anche in teatro in due palchi vicini. E allora si erano guardati più a lungo del solito, cercando di arrossire il meno possibile.
Passarono sei mesi e le cose erano in questo stato:
Lui sapeva di essere amato, lei era sicura di essere adorata, e naturalmente ognuno di loro sapeva di amare. Dove però dovesse finire questo amore nessuno dei due sapeva, e non facevano un passo innanzi per avvicinarsi l'uno all'altra.
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L'arte di prender marito
Per far seguito a "L'arte di prender moglie"
di Paolo Mantegazza
Editore Treves Milano 1894
pagine 127 |
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Università Enrico Enrico Emma Enrico Emma
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