Tu non puoi capire quanto inferno possa essere chiuso in un conto della sarta, che non si può pagare, nell'angoscia del pensiero di dover pagare fra pochi giorni il semestre della pigione. E se poi hai un marito, che coll'energia della volontà e coll'onnipotenza dell'ingegno non sappia lottare e vincere e portar fuori la moglie e i figli dal pantano, tu incominci a sprezzarlo e ad odiarlo. E tu, poveretta, senti tutta l'impotenza di esser donna e di non potere col proprio lavoro dare alla famiglia l'agiatezza.
Io, vedi, son diventata cattiva. Quando porto a spasso i miei bambini mal vestiti e vedo quelli dei miei vicini scarrozzare nella loro piccola vettura condotta da una balia bella e riccamente vestita, soffro e bestemmio entro di me, contro di me e contro tutti.
No, no, Emma, sposa il marchese di Acquafredda. -
Emma taceva, e si asciugava gli occhi innondati di lagrime. Il dolore dell'amica era troppo crudele, era troppo disperato, perchè non scendesse anche nel suo cuore.
Finalmente potè parlare colla voce interrotta dal singhiozzo.
- Maria, in te parla l'ira figlia del tuo dolore. Tu parli cinicamente, perchè sei disperata; ma io non posso credere, che sii divenuta cattiva, perchè sei infelice.
Quanto a me, se la mamma non mi lasciasse sposare Enrico, accetterei la mano dell'ingegnere Rinaldini, non mai quella del marchese; per quanti blasoni e milioni egli potesse offrirmi. Se la miseria uccide l'amore, la ricchezza senza amore non lo può uccidere, perchè l'amore non c'è; ma non deve darci che una vita insopportabile.
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L'arte di prender marito
Per far seguito a "L'arte di prender moglie"
di Paolo Mantegazza
Editore Treves Milano 1894
pagine 127 |
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Emma Acquafredda Enrico Rinaldini
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