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      Essi non devono lasciar morire un gran nome, essi devono ristaurare con una buona dote le loro finanze logorate profondamente dal tappeto verde e dai vizii.
      E si maritano e danno la mano ad una signorina buona, gentile, pura; che nello sposo spera trovare un amante e nell'amante un poema di estasi deliziose e di sognate idealità.
      Poveretta!
      Il marito fannullone non perde di certo l'abitudine dell'ozio a 35 o a 40 anni, e nella noia della famiglia, tramontata ben presto la luna di miele, trova un nuovo e più potente pretesto per ritornare al club e al giuoco, che solo può dargli una forte emozione, che gli dà la coscienza di vivere.
      La sposina lo ama, lo invita al pianoforte o alla lettura in due o alle intime delizie dell'amore; ed egli la lascia fare; ma a un tratto sbadiglia, sbadiglia a lussarsi le mascelle e ad ogni sbadiglio cade una doccia ghiacciata sul cuore della povera sua compagna, che invano tenta di convertire un'oca in un'aquila o di stillare del sangue caldo nelle vene di un rospo.
     
      Mi dirai, fanciulla adorata, che io esagero, che io ti faccio una caricatura e non un ritratto; ma ti assicuro che anche il ritratto è brutto e ributtante.
      Non tutti i fannulloni sono di questa ideale perfezione, ma anche i fannulloni volgari sono insopportabili e spandono intorno a sè una nebbia di noia, che smorza ogni fuoco d'entusiasmo, che appanna ogni luce di poesia.
      E senza poesia che cosa è la vita?
      Lo so anch'io: vi sono dei fannulloni innocenti, buoni, che amano le loro mogli, che non sono neppur giuocatori; ma che della noia hanno fatto la loro atmosfera, e non sanno escirne per respirare un'aria più vitale, più fresca, più inebbriante.


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L'arte di prender marito
Per far seguito a "L'arte di prender moglie"
di Paolo Mantegazza
Editore Treves Milano
1894 pagine 127