Molte fiate già pianser li figliper la colpa del padre...
Paradiso C. VI.
DUE PAROLE AI MIEI ELETTORI DI MONZA
Voi mi avete già dato due volte il battesimo di vostro rappresentante; ed io finora ho fatto ben poco per meritarmi questo onore. Cinque o sei discorsi, molte votazioni coraggiose, sia che il coraggio fosse contro i ministri o (cosa più difficile) contro le opinioni popolari; molte assenze dalla Camera; nessun gallone, neppur quello di caporale, all'uniforme di deputato. Ecco, per parlarvi la lingua di moda, il bilancio attivo e passivo del vostro rappresentante.
Io però ho sempre creduto che l'ufficio di deputato abbia una vita ben più larga di quella che corre fra l'urna elettorale e il decreto regio che scioglie la Camera; ho sempre pensato che l'orizzonte in cui si deve muovere la vita pubblica, è ben più ampio della stretta atmosferica che si agita e bolle sotto le volte della Sala dei Cinquecento. Poveri noi, se i nostri figlioli dovessero trovare che l'opera dei primi deputati del Regno d'Italia andò tutta consumata nel fare delle mozioni sospensive, degli ordini del giorno puri e semplici e delle quistioni pregiudiziali! Poveretti noi, se tutta la vita d'una generazione dovesse andar consumata nel rattoppare i nostri cenci, nel puntellare le Casse dell'erario, nel lasciare ai futuri della carta e dei debiti!
Ognuno di noi deve aprire un solco in quella terra in cui i figli hanno a seminare il pane dell'avvenire. Questa terra bagnata di sangue l'abbiamo a fecondare del nostro sudore; e chi ebbe dagli elettori la più alta missione che si possa affidare ad un cittadino, ha maggiori doveri degli altri di preparare la terra per una Italia migliore.
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