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      Ad un tratto, lo vidi fare un gesto energico come di chi piglia una subita e forte risoluzione, e, accostatosi al timoniere, rivolgerli la parola.
      Allora dimenticai la mia delicatezza, dimenticai il santo rispetto che ho sempre sentito gagliardo per la libertà altrui, e quasi fossi giunto anch'io involontariamente accanto al timone, stetti ad ascoltare il dialogo di quei due uomini nati e cresciuti così diversamente e che in quel momento si raccostavano.
      - Voi dite dunque, timoniere, che fra due giorni saremo a Madera?
      - Sì, mio signore, purché continui il mare ad essere tranquillo come lo è ora.
      - Dunque, fra quarantott'ore a Madera, disse ad altissima voce William, bravo il mio timoniere, bravissimo, aggiunse, fregandosi le mani con una celerità straordinaria e contorcendosi tutto, con una vera convulsione di gioia... Dev'essere un paradiso quell'isola.
      Non v'era più dubbio, quell'uomo misterioso aveva a Madera una parte di sé stesso. Il suo cuore divampava dinanzi ad un'attrazione affascinatrice; i suoi occhi ardenti, fissi nella nebbia grigia del mattino, cercavano Madera lungamente, beatissimamente.
      «Un uomo felice è indulgente» dissi fra me colla rapidità del lampo, e da uomo delicato diventato sfacciato del tutto, risposi io stesso invece del timoniere a quella specie di domanda che l'altro gli aveva diretta.
      - Sì, signore. Madera è un paradiso.
      William si voltò bruscamente verso di me, e accorgendosi allora soltanto della mia presenza, mi disse:
      - Vi siete già stato altre volte?


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





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