Sentii un freddo profondo, subitaneo, che, come brezza improvvisa sul lago, mi corruscò per tutto il corpo.
Un momento dopo il cavallo era in mio potere, a avendo smarrito la via e i compagni, mi trovai in una bella strada, di lieve pendio, larga, aperta fra' campi di zucchero. Il mio cavallo era sudato, ma lo ero anch'io.
Dinanzi a me stava il mare che mi pareva vicino, e sul suo piano di un azzurro senza nome una bianca vela sembrava folleggiare tranquilla e lieta. Ad un tratto allo svolto della via vedo dinanzi a me, ma lontano forse cento passi, una giovane signora a cavallo, tutta sola. Mi pareva sognare, mi credevo in pieno Ariosto. Il cavallo andava al passo, e la signora, allentate le briglie sul collo, posava come persona stanca o malata, piegata sopra sé stessa. Il corpo era sottile, ma elegante, coperto d'un lungo vestito azzurro all'amazzone. Il collo sottile col capo inclinato anch'esso sulla spalla: da un cappellino di velluto nero e ornato con una penna di fagiano piovevano sulle spalle folti capelli biondi.
Volli mettere al trotto il mio cavallo per raggiungere quella fantastica apparizione, ma un'altra volta il destriero, non sentendosi moderato nei suoi furori dal contrappeso vivente, si slanciò come saetta lungo il cammino, raggiunse la signora in un baleno ed io ebbi appena tempo di accorgermi, quando l'ebbi avanzata, che anche il di lei cavallo, preso sa subita emulazione, si era dato alla stesso corsa furiosa. Tremai per la signora, ma ero impotente a tutto; perché sulle ali del mio demone correva e correva sempre.
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Ariosto
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