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      .. e nel fango. Da quel momento la mia amicizia per William divenne piena di venerazione. Io lo stimava assai più che non l'amassi, e l'amava con tutto il calore dei miei ventidue anni, con tutto l'affetto che mi dava la mia solitudine, l'essere a molte miglia dal mio paese, da mia madre.
      S'era sempre assieme; io non pensava più al turbine che mi aveva strappato dal suolo europeo, né all'incerto avvenire che mi aspettava in america. Io mi era fatto l'eco di William, e con lui si parlava sempre delle stesse cose. Il suo passato, il suo avvenire, tutte quante le forze d'una mente vastissima, colta, di un cuore grande come il mondo, erano concentrate in un solo crogiuolo, e non ardevano che per un amore, non si consumavano che per una donna, ma ella ne era ben degna.
      Se io era l'eco di William, non era però l'eco che lusinga e accarezza, ma che aiuta a dar vigore ai saldi propositi. Dinanzi a quell'uomo, dinanzi a quell'amore sublime senza speranze e senza conforti, il mio carattere si era ritemprato e mi sentiva più superbo di prima d'esser uomo.
      E così, quando ad un tratto i magnanimi intendimenti del mio amico vacillavano, o si scioglievano in un mare di tenerezza e di amore, io lo scuoteva, gli rappresentava la parola data, gli ricordava le ultime parole che la sua Emma, più forte di lui, aveva dette a Madera:
      - William, combatti e attendi.
      Egli aveva preso il suo biglietto per Madera, poi lo aveva ripreso per San Vincenzo. Voleva tener la sua parola di continuare il viaggio e nello stesso tempo voleva rimanere il più vicino possibile a lei.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





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