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      A S. Vincenzo ebbe orrore delle spiagge deserte, di quella terra che sembra arsa per secoli da un fuoco d'inferno, che non lascia una zolla di erba, un velluto di muschio. Continuò il viaggio fino a Pernambuco.
      Ogni giorno, però, io gli diveniva più necessario; e lottando coll'amicizia e coll'amore, giunse fino a Rio de Janeiro. La divina bellezza di quel paese vinse ogni esitanza, e William decise di fermarsi al Brasile. Passai con lui una settimana in uno dei più bei paesi del mondo, e dinanzi a cui Napoli e Costantinopoli abbassano modestamente le loro armi e poi mi separai da lui.
      Fu per me uno strappo crudele del cuore; non avrei voluto distaccarmi mai da William e nello stesso tempo, gracilissimo e malaticcio, sentiva che il clima del tropico mi avrebbe ucciso. Anche rimanendo a Rio de Janeiro pochi giorni con lui, non avrei potuto tenergli compagnia per molto tempo. Egli voleva viaggiare nell'interno del Brasile; voleva mettersi alla testa di imprese metallurgiche, di colonne agricole; voleva tentar di seppellire sotto un cumulo di affari un'idea che lo consumava; voleva colla febbre del lavoro vincere un'altra febbre più ardente e più pericolosa.
      Ci separammo colla sicurezza di rivederci, e questo pensiero ci rese men duro il nostro distacco. Eravamo giovani entrambi, e nell'età della speranza; dovevamo rimanere entrambi parecchi anni nell'America meridionale; e perché non ci saremmo noi riveduti e presto?
      Questa cara lusinga non doveva avverarsi. Non ci saremmo più riveduti.


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Un giorno a Madera
di Paolo Mantegazza
Casa Editrice Bietti Milano
1925 pagine 147

   





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